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lunedì 24 ottobre 2016

La Casa del Popolo di Trobaso #scrittureautobiografiche

Che la Casa del Popolo di Trobaso faccia parte della mia vita non è solo un modo di dire affettivo e nostalgico, legato ad un sentimento idealista. No, la Casa del Popolo l'ho proprio vissuta.

Avevo 5 anni quando mia mamma ne era "banconiera" e per un paio d'anni, tutti, e dico tutti, i momenti liberi della mia giornata, della mia settimana erano tra quelle mura. Divenni presto mascotte del Circolo, esperta di scala quaranta, attenta osservatrice del gioco delle bocce (anche perché era occasione per vedere mio papà), immancabile presenza alle feste di Carnevale in maschera e a tutti i balli, le cene e le iniziative che vi ruotavano intorno.

Così 35 anni fa il mio ingresso alla Casa del Popolo, che oggi di anni ne compie 70.


E' stato sempre grande amore? Non direi proprio. 
Quando vieni etichettata "comunista" già alle elementari, quando ascolti discorsi di "diritti dei lavoratori" come fossero Hansel e Gretel e tu ancora devi iniziare la scuola dell'obbligo, quando gli eventi elettorali sono più importanti del Natale perché vedono tuo papà e le conoscenze familiari presidiare i seggi come fossero posti di blocco e si parla solo di quello, quando le tue estati tra i 10 e i 13 anni, in nome del Partito, ti vedono girare tra i fornelli e i tavoli della festa dell'Unità, forse un po' di antipatia ti si crea.

Un carnevale, vestita da eschimese
Così ad un certo punto, con tutta la ribellione adolescenziale che mi appartenne, appena approdata alle Scuole Superiori, decisi che della Casa del Popolo non ne volevo più sapere. E non volevo più sentire tutti quei discorsi adulti sui diritti, sulla lotta proletaria, sull'emancipazione, sulla partecipazione. Ma queste cose: giustizia, difesa, lotta, partecipazione mi lavoravano dentro e non me ne sono più liberata (ammetto anche una predisposizione caratteriale). Con fierezza, dico oggi.


Così ho iniziato a rappresentare, prima, i miei compagni di classe, poi ancora lo sviluppo di una cultura di integrazione e partecipazione, prima con ARCI poi con la cooperazione sociale per finire ad essere quotidianamente impegnata a difendere le "categorie" definite più deboli, a lottare contro i soprusi e a non accettare che ci sia un "padrone".

Ora la Casa del Popolo per me è un luogo (ci ho fatto pace negli anni), un luogo che può divenire di aggregazione, un Circolo Arci nel quale mi piacerebbe veder nascere nuovi progetti e culture. E' davvero una casa (mia di sicuro, credo che mi conoscano anche i muri, oltre ai veterani), etichettata male, nel tempo, vittima di uno snobbismo generazionale, che ha altro da fare e altri luoghi in cui andare.

Intanto Buon Compleanno Casa del Popolo e che tu possa mantenere questa, recente, aria giovanile. 



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